Studi medici
Piazza del Bersagliere 5
24020 - Torre Boldone
Bergamo
medico chirurgo
Formazione specifica in medicina generale
Master di esperto in ipertensione e protezione cardiovascolare
Master di alta formazione clinica per medici del territorio
Membro SIIA Società italiana ipertensione arteriosa
La medicina dei punti dolorosi
Si calcola che ben il 60% degli accessi presso l'ambulatorio di medicina generale sia dovuto a problematiche di natura dolorosa non oncologica. Ogni giorno 6 pazienti su 10 si rivolgono al sottoscritto perchè “fa male” qualcosa, e non si tratta di patologie viscerali ma a genesi osteomuscolare.
In questi anni di attività lavorativa mi sono confrontato quotidianamente con diverse metodiche per la “gestione” del dolore (mi sono spesso tornate utili le esperienze come medico in Hospice e affiancamenti con amici chirurghi ortopedici di alto livello), le quali mi hanno spesso lasciato perplesso, sia per la scarsità di risultati, sia per il razionale, a volte molto semplicistico , che ne caratterizza l'utilizzo: se c'è dolore, e non sappiamo da cosa è dato o come “guarirlo”, cerchiamo di spegnerne la percezione, magari ricorrendo ad antiinfiammatori, derivati della morfina o ad antidepressivi che fanno in modo che il nostro cervello non percepisca il dolore,senza assolutamente agire sulla causa.
I miei dubbi si sono ulteriormente accresciuti nel tempo, man mano che sperimentavo sul campo diverse opzioni terapeutiche, maturando una serie di osservazioni:
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limitarsi a trattare il dolore, per esempio con il classico ciclo di iniezioni, rappresenta un semplice palliativo : più sarà giovane il soggetto più il ciclo di "punture" lo terrà lontano dallo studio per un tempo più o meno lungo, più invecchierà più gli attacchi cominceranno a tornare, generalmente a intervalli sempre più ravvicinati, con graduale inefficacia dei trattamenti. Questo modo di operare porta nella maggior parte dei casi ad una cronicizzazione della sintomatologia; questo perchè il cocktail chimico spegne il sintomo (antinfiammatorio e muscoril per intenderci), ma non agisce sulla causa vera che genera la patologia dolorosa.
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di fronte ad un paziente con dolore, il modo di procedere richiesto dal paziente stesso, e , purtroppo, anche da tanti colleghi specialisti e non, consiste nel prescrivere un esame diagnostico: se la lastra, la tac, o la risonanza mostreranno qualcosa, il medico tenderà ad attribuire a quella causa la genesi del dolore, anche quando non eisste una vera correlazione fra le due cose.
Da medico curioso, non ho proprio mai potuto abituarmi a prescrivere i soliti farmaci accontentandomi di trattare le patologie invece che guarirle, e mi sono sempre posto delle domande:
perchè se ad una lastra della colonna vertebrale emerge la presenza di un'ernia discale, attribuiamo all'ernia il dolore del paziente, anche se ci sono tanti pazienti con ernia che non hanno dolore, o addirittura c'è chi ha dolore senza avere ernia? Perchè chi ha un'ernia discale alterna periodi di dolore a periodi di benessere, pur essendo il difetto al disco intervertebrale sempre presente?
E ancora, perchè se pratichiamo una radiografia a un certo numero di anziani troveremo nella maggior parte di essi segni di artrosi (cioè una fisiologica degenerazione ossea), ma solo una minima parte di essi soffrirà di dolore? E nel momento in cui facciamo una lastra ad una anziano con cervicalgia, perchè attribuiamo allora all'artrosi la causa del male se i più l'artrosi ce l'hanno, senza accusare sintomi?
La risposta a tutto questo è semplice: perchè forse il dolore non dipende né dall'artrosi, né dall'ernia , né da altro capro espiatorio, ma dall'infiammazione tissutale generata da queste problematiche.
Per anni però, nonostante queste deduzioni mi girassero nella testa, mi rendevo conto di non essere in grado di offrire al paziente una vera e proprio risposta a questi quesiti, né ero in grado di offrirgli una alternativa terapeutica valida. Quindi ho assistito, e, purtroppo , continuo ad assistere, a persone che si barcamenano con lombalgie, brachialgie e quant'altro fra visite specialistiche facendo il solito inconcludente balletto: prima l'esame, radiografia , tac o risonanza , per lo più poco derimenti, poi consulti da specialisti, che mandano da altri specialisti, quindi dall'ortopedico al fisiatra, dal fisiatra al neurochirurgo (che non opera quasi mai, solo 2-3% dei casi), per poi tornare dal fisiatra, da un altro ortopedico e via dicendo, senza mai risolvere alcunché, e anzi, portandosi a casa ogni volta prescrizioni di antiifiammatori, di antidolorifici e cortisonici, fino ad approdare in qualche caso nelle mitiche terapie del dolore , dove i pazienti ricevono il colpo di grazia da palliativisti che , pur di dare sollievo a questi poveri pazienti disperati, in buona fede li imbottiscono di oppioidi e morfine sotto ogni forma, gocce compresse e cerotti, con tutti i collaterali al seguito.
Dopo un lungo cercare, i miei quesiti e dubbi hanno incontrato casualmente il pensiero del Prof. Aldino Barbiero, ortopedico chirurgo di Padova, e la sua teoria dei Punti Dolorosi. Questa filosofia, nasce dalla pluriennale esperienza del Professore, il quale, con mio grande stupore, era giunto alle mie stesse perplessità operando sul campo per anni. Ma c'è di più: Barbiero ha dato una risposta efficace sulla pratica clinica di queste patologie, completamente slegata dai soliti farmaci e percorsi sterili.
Anzitutto, afferma Barbiero, il dolore non dipende da quei difetti fisici a cui banalmente i medici tendono a dare la colpa, ma piuttosto ad una infiammazione dei tessuti che può essere essa stessa la causa di quei rilievi patologici (l'ernia è la migrazione di tessuto verso la zona infiammata); e se noi, dice, non trattiamo l'infiammazione, “sciogliendola” in qualche modo, il dolore continuerà a persistere, cosa che effettivamente succede. L'infiammazione si genera per molti motivi, posturali, traumatici, degenerativi, ma anche, dice Barbiero, per influenze endocrine ed emozionali, cosa più che mai vera; è la filosofia che ritroviamo nella PNEI, la psico neuro endocrino immunologia, che banalmente afferma che dolore, psiche ed endocrinologia sono un unico correlato sintomatologico: se io sto male, sentirò dolore, mi sentirò depresso, stanco, apatico; la produzione ormonale del mio fisico sarà alterata e così lo saranno il mio umore e il mio stato d'animo, che a loro volta influenzeranno negativamente la percezione del dolore in un circolo vizioso senza fine. Ne sanno qualcosa i fibromialgici, per questo trattati dai reumatologi con cortisoni e antidepressivi, ovviamente con risultati scarsissimi.
Che alternativa offre il dott. Barbiero? All'inizio ero molto scettico, ma poi la pratica mi ha aperto un mondo, la cui partenza è molto semplice: trattare i punti di infiammazione direttamente responsabili dei sintomi. Innanzitutto partendo dalla loro individuazione: la metodica è semplice, ovvero è il paziente stesso a indicarci dove sente male, e poi, con una tecnica particolare di palpazione e digitopressione, si identificano le aree dolenti (punti dolorosi , a volte fasce o aree dermalgiche). Queste vengono poi trattate con varie tecniche, dalle manipolazioni all'utilizzo di aghi (ma attenzione, non ha niente a che vedere con l'agopuntura!!!) o con l'utilizzo di soft laser. Dopo una prima seduta che può esacerbare il dolore, quasi sempre arriva il beneficio nelle sedute successive con una quasi miracolosa scomparsa del dolore.
Barbiero non si ferma qui: quante volte i miei pazienti con dolore riferiscono anche altri sintomi che difficilmente il medico riesce a correlare con la sintomatologia algica? Tachicardia, formicolii, difficoltà digestive, dolori al petto, vampate di calore e via dicendo. Per i quali il classico medico prescrive accertamenti , spesso numerosi e inutili, addirittura invasivi, quali gastroscopie o visite cardiologiche, che puntualmente non riportano nulla di particolare, quando pure il paziente dice di non stare bene e la risposta del medico , disarmato e incapace di dare una spiegazione valida, è “mi spiace, ma gli esami sono negativi.. non c'è nulla!”. Questo perchè il problema è da cercare altrove, ovvero in una somatizzazione emozionale di alcuni sintomi che ogni persona concentra in un punto che il prof. Definisce “punto emozionale”. Sono molti ormai i casi di miei pazienti che associavano al dolore sintomi vaghi e difficili da inquadrare di questo genere, e che trattando il punto emozionale sono riusciti a risolvere, di pari passo al trattamento del dolore.
Da alcuni mesi ho iniziato quindi la collaborazione preziosa con l'unica persona operante nel nostro territorio che ha conseguito l'attestazione di esperto in medicina dei punti dolorosi proprio dal prof. Barbiero, il dottor Livio Moscheni, con risultati eccezionali, in pazienti che da anni venivano nel mio ambulatorio lamentando sintomatologie verso le quali io, in primis, ma anche i colleghi specialisti, non riuscivamo a dare un rimedio, patologie magari presenti da anni, cronicizzate, e trattate con ogni sorta di farmaci e cerotti, senza beneficio e molti collaterali.
Per info: